Puntata 158 – La battaglia di Nikolaevka del 1943 | Centomila gavette di ghiaccio

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03:26La battaglia di Nikolaevka17:56Centomila gavette di ghiaccio

Nella puntata di oggi ricorderemo la battaglia di Nikolaevka del 26 gennaio 1943 che vide le truppe italiane – alleate con la Germania, contro le truppe dell’Unione Sovietica – sfondare l’accerchiamento russo ad un caro prezzo, la decimazione delle sue unità nei pressi del fiume Don.

Nel corso dei mesi precedenti, le forze sovietiche avevano accerchiato la 6ª Armata tedesca a Stalingrado (operazione Urano) e sbaragliato completamente le armate romene e gran parte dell’8ª Armata italiana (operazione Piccolo Saturno). La successiva offensiva Ostrogožsk-Rossoš’, sferrata il 12 gennaio 1943, sfondò le precarie linee difensive dell’Asse e portò al crollo del fronte sul fiume Don e alla ritirata.

Fondamentale per l’esito dello scontro conclusivo furono le due battaglie di Schelijakino e Warwàrowka, ove i reparti dell’artiglieria a cavallo (le Volòire), il Battaglione Alpino Morbegno, alcune batterie del Gruppo Bergamo ed altri reparti alpini, sacrificandosi quasi interamente distrussero gran parte dei mezzi corazzati russi disponibili in quel settore.

Gli ultimi resti delle forze italiane, tedesche e ungheresi, provate, oltre che dai combattimenti, dal gelido inverno russo, si ritrovarono ad affrontare alcuni reparti dell’Armata Rossa, asserragliatisi nel villaggio di Nikolaevka per bloccare la fuga dalla grande sacca del Don.

Già dalle prime ore del mattino, la colonna formata dalle truppe italiane in ritirata, cui erano aggregati diversi reparti delle altre potenze dell’Asse (specialmente tedeschi e ungheresi), venne fatta oggetto di un bombardamento da parte di quattro aerei dell’Armata Rossa.

Alla 2ª Divisione alpina “Tridentina”, l’unica delle divisioni italiane ancora in grado di combattere, fu assegnato il compito di iniziare l’assalto al villaggio. Particolarmente significative durante questo attacco furono le azioni dei battaglioni “Vestone”, “Verona”, “Valchiese” e “Tirano”. Malgrado lo sbandamento che sarebbe stato comprensibile per delle truppe in ritirata, gli italiani riuscirono a sostenere lo scontro con i sovietici, maggiormente dotati di armi pesanti ed artiglieria.

In serata si unirono alle forze all’attacco il Battaglione “Edolo” contribuendo allo sforzo degli altri uomini della “Tridentina”, guidati dal generale Luigi Reverberi, e riuscendo così ad aprire un varco fra le linee sovietiche, grazie all’impiego dell’unico carro armato tedesco ancora utilizzabile ed alla disperata lotta per sfuggire all’accerchiamento.

Le perdite italiane furono altissime ma le truppe dell’Asse, pur decimate e completamente disorganizzate, riuscirono a raggiungere Šebekino, il 31 gennaio 1943, località al di fuori della “tenaglia” russa.

Il 16 gennaio 1943, giorno di inizio della ritirata, il Corpo d’Armata Alpino contava 61 155 uomini. Dopo la battaglia di Nikolaevka si contarono 13 420 uomini usciti dalla sacca, più altri 7 500 feriti o congelati. Circa 40 000 uomini rimasero indietro, morti nella neve, dispersi o catturati. Migliaia di soldati vennero presi prigionieri durante la ritirata e radunati dai sovietici in vari campi. Uno dei più tristemente noti fu quello di Rada, nei pressi della città di Tambov. Solo una percentuale minima di questi prigionieri farà ritorno in Italia a partire dal 1945.

Fra gli alpini che hanno preso parte a questa battaglia, si ricordano Giulio Bedeschi, don Carlo Gnocchi (come cappellano militare), Mario Rigoni Stern e Nuto Revelli.

Parleremo poi del libro di Giulio Bedeschi ‘Centomila gavette di ghiaccio’, romanzo autobiografico di Giulio Bedeschi composto tra il 1945 ed il 1946 e pubblicato originalmente nel febbraio 1963 per l’editore Mursia. Nel 1964 vinse il Premio Bancarella. Il nome del romanzo prende spunto dal contenitore di nome gavetta in cui mangiavano i soldati.

Composto tra il 1945 ed il 1946, Centomila gavette di ghiaccio venne rifiutato da sedici editori italiani prima che Mursia decidesse di pubblicarlo: da allora è diventato una delle opere culto della letteratura di guerra con circa tre milioni di copie vendute in 130 ristampe e nuove edizioni e traduzioni in francese, spagnolo, portoghese ed olandese. Nel 2011 l’editore ha annunciato che l’opera ha superato i quattro milioni e mezzo di copie vendute.

Inizialmente il libro avrebbe dovuto essere molto più lungo e terminare con l’armistizio dell’8 settembre 1943 invece che al passaggio sulla frontiera italiana dei pochi sopravvissuti nel marzo-aprile 1943. Quando Bedeschi presentò il manoscritto a Mursia l’editore richiese un drastico taglio alla lunghezza complessiva e Bedeschi decise di terminare l’opera con il rientro in Italia. Il materiale in eccesso venne successivamente utilizzato per il naturale seguito del libro, Il peso dello zaino pubblicato da Mursia nel 1966 visto il grande successo di Centomila gavette di ghiaccio.

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