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Il mese di maggio e le sue ricorrenze – L’antica città etrusca di Kainua (BO)
Nella puntata di oggi, assieme a Monica del progetto Calendario Pagano, andremo a conoscere le antiche ricorrenze e festività del mese di maggio.
Per rimanere in tema di ‘antichità’ poi, vi racconteremo di un luogo magico, fermo nel tempo da due millenni e più. Siamo in provincia di Bologna, nel Comune di Marzabotto, si proprio quella della tremenda strage del 1944 che tutti conosciamo, ma di questo ne parleremo in un’altra puntata.
A pochi passi dal centro urbano, si trova un pianoro che a prima vista sembrerebbe mera campagna coltivata e invece nasconde una cittadina etrusca, riccamente corredata di resti, di due necropoli, un forno fusorio e quello che rimane di molte botteghe artigianali oltre che ad un museo.
La storia direttamente dal sito dei Beni Culturali:
Il Museo Nazionale Etrusco è intitolato alla memoria del Conte Pompeo Aria che sulle orme del padre Giuseppe organizzò il primo nucleo della collezione.
Sorge sul margine dell’ampia area archeologica, interamente di proprietà dello stato. È proprio la consistenza dei resti strutturali di questa antica città a fare del sito un caso unico nel panorama dei centri abitati etruschi. A differenza di altre città etrusche -come ad esempio l’antica Felsina che dall’antichità ad oggi fu popolata senza soluzione di continuità- qui l’abbandono del sito garantì la conservazione quanto meno dell’impianto urbano nel suo disegno originale, cosa che ci consente ancora oggi di percorrere le antiche strade lungo le quali si snodano case di abitazione, aree artigianali ed edifici sacri.
Fino a pochi anni fa, in assenza di notizie dagli autori greci e latini, si ignorava il nome di questo centro. Il recente ritrovamento di un frammento ceramico ha consentito di identificare la città con il nome di Kainua, dal greco kainòs/kainòn che vuol dire “nuovo”: siamo dunque in presenza di un centro che si chiama “Città nuova” al pari della Neapolis (Napoli) della Magna Grecia.
L’importanza della città di Kainua emerge per altro evidente dalla ricca documentazione archeologica. Rinvenimenti di resti murari e reperti di vario tipo risalgono alla fine del XVIII secolo ma le prime scoperte significative si avranno solo alcuni decenni più tardi, in occasione dei lavori per la sistemazione a parco dell’area attorno alla villa, entrata a far parte delle proprietà della famiglia dei conti Aria nel 1831.
Dal 1862 in poi si cimentarono negli scavi della città illustri archeologi dell’epoca da Gozzadini a Chierici fino a Brizio cui si deve, in particolare, la prima sistemazione in vetrine dei materiali all’interno della Villa Aria nonché la prima guida al museo e ai resti archeologici. Con l’acquisizione allo Stato dell’area archeologica nel 1933 il museo fu trasferito nell’attuale sede, nel pianoro di Misano, e l’assetto espositivo che oggi vediamo è quello del 1979, arricchito dai risultati degli scavi condotti con regolarità dagli anni cinquanta in poi.
La vicenda della città etrusca che occupò il Pian di Misano e la soprastante altura di Misanello durò circa due secoli, dalla fine del VI alla metà del IV secolo a.C.
Ciò che fa di tale sito un’eccezionale testimonianza nell’ambito della civiltà etrusca è l’impianto urbano della città, nella quale la regolare scansione modulare degli spazi è segno di una ben precisa pianificazione. Improntata alla dottrina urbanistica greca è l’ortogonalità di strade e isolati, la dislocazione di aree cultuali, abitative e produttive, anche se i segni della sua fondazione rituale sono fortemente radicati nelle norme religiose etrusche. Affacciata sul fiume Reno, che nell’antichità costituiva formidabile vettore di transito dall’Etruria tirrenica al Po, la città ebbe l’importante ruolo di cerniera di smistamento delle merci lungo tale asse. In particolare il flusso di metalli dalla Toscana dovette sostanziare una vivace attività metallurgica, sia per quanto riguarda il bronzo che il ferro. Cospicua è anche la produzione ceramica, sia di stoviglie che laterizi, alimentata dalla buona qualità dell’argilla locale e dalla ricchezza di acqua, imbrigliata con grande maestria in un capillare sistema di captazione e relativo smaltimento. La prosperità di questo centro fu interrotta alla metà del IV secolo a.C. dall’invasione celtica e nel mutato scenario della romanizzazione solo una fattoria si impostò sopra i resti dell’antica città, poi completamente abbandonata.
La città etrusca di Pian di Misano, con il suo impianto urbano rigorosamente ortogonale, è stata considerata come una fondazione quasi di tipo coloniale, frutto di una riorganizzazione insediativa della valle del Reno, avvenuta forse sotto l’egida del centro etrusco padano di Felsina verso la fine del VI sec. a.C.
Suddivisa in otto quartieri da quattro strade principali, sembra comprendere nella sua parte più settentrionale le aree pubbliche più importanti, di destinazione sacra, che si concentrano soprattutto in una piccola acropoli.
Su questa altura nel corso del V sec. a.C. si sviluppa un processo di monumentalizzazione: vengono costruiti almeno cinque edifici, templi e altari che testimoniano lo sviluppo del centro e della sua cultura architettonica.
Di particolare interesse appaiono sia i resti della abitazioni private, che attestano una fase importante nel processo di formazione della casa urbana centro-italica, sia le ricche necropoli scavate nel secolo scorso.
Agli inizi del IV sec. a.C. si registra una cesura, collegata all’occupazione gallica della regione, con una forte contrazione dell’insediamento, ancora frequentato, comunque, ma da popolazioni di cultura celtica. Con la conquista romana del territorio controllato dai Boi, a Marzabotto scompare qualsiasi traccia di frequentazione e si codifica l’abbandono del sito, riutilizzato in maniera discontinua e sporadica da impianti rurali forse di prima età imperiale.
Le aree di scavo fruibili comprendono parte dell’ampia rete stradale antica, d’impianto ortogonale, e le strutture insediative; sull’acropoli si possono visitare i resti dei basamenti di cinque edifici monumentali pubblici di destinazione sacra, pertinenti al V sec. a.C.
Il percorso di visita della vasta area (circa 18 ettari) si snoda lungo le antiche vie principali, larghe ben quindici metri.
Partendo dai resti della porta settentrionale della città si procede per la cosiddetta plateia A -che fiancheggia il grande tempio a pianta greca, attualmente in corso di scavo- sulla quale si affacciano la fornace relativa al tempio e numerose case di abitazione caratterizzate da cortile centrale con pozzo.

All’estremità sud orientale del pianoro è dislocato un altro ingresso all’antica città, immediatamente al di fuori del quale si estende la necropoli est caratterizzata da tombe a cassa lapidea sormontate dai caratteristici segnacoli a uovo. Un’altra necropoli, del tutto analoga, è collocata a nord della città e si affaccia su un pittoresco laghetto realizzato secondo il gusto ottocentesco che impronta di sé tutto il parco.
E proprio nella parte più suggestiva del parco, sull’altura di Misanello, i resti di tre templi e di due altari caratterizzano in senso sacro l’acropoli dell’antica città. I resti del cosiddetto santuario fontile -messo in luce solo parzialmente ai margini nord orientali del pianoro- rimandano a culti salutari con i quali devono con ogni probabilità essere messi in rapporto i resti monumentali rinvenuti poco lontano.
La città etrusca di Marzabotto è stata per anni nota come Misa, derivante dal toponimo Misano o Misanello del pianoro su cui sorge. Il recente rinvenimento di un’iscrizione sotto una ciotola rituale in bucchero ha consentito di riconoscere in questa città l’etrusca Kainua, il cui significato potrebbe essere “città nuova”
Il tempio di Tinia
Risale ai primi anno del Duemila la scoperta in area urbana di un tempio dedicato a Tinia, sommo dio degli Etruschi (al pari di Zeus per i Greci). Il tempio fu costruito all’interno di un isolato regolarmente inserito nella maglia urbanistica della città. La posizione dell’edificio è strategica, all’incrocio tra la plateia A, l’asse viario principale sul quale affacciano le abitazioni più prestigiose e le botteghe, e la plateia B che conduceva direttamente sull’acropoli. Il tempio in città era dunque collegato con gli edifici sacri dell’acropoli, rispetto ai quali si trovava sullo stesso allineamento visivo.
Secondo le concezioni cosmologiche etrusche, che ad ogni dio assegnavano una sede celeste in base ad una divisione astronomica, questa era proprio la posizione dedicata a Tinia (a nord/nord-ovest), quasi fosse stata trasposta sulla terra.
Il tempio fu edificato all’interno di un’area delimitata da mura di temenos e aperta a sud con un ingresso monumentale. Alcuni ambienti di servizio e un pozzo/cisterna, funzionali alle pratiche di culto, affiancano l’edificio che ha pianta rettangolare di m. 21, 92 x 35,50, orientata in senso nord-sud.
Si tratta di un periptero, una categoria architettonica che gli Etruschi assunsero dal mondo greco reinterpretandola, documentata anche in alcune città dell’Etruria meridionale e del Lazio (Cerveteri, Pyrgi, Vulci, Satricum, Roma).
Le colonne (ben 22) sono distribuite su un podio, che in origine doveva essere esternamente modanato, seguendo l’allineamento della cella, suddivisa in un pronao in antis, cella e adyton bipartito. Una scalinata centrale, posta a sud, contribuiva a rispettare il principio dell’assialità, peculiare dell’architettura sacra etrusca.
L’edificio è conservato solo al livello delle fondazioni, intercettate in epoca moderna dai lavori agricoli (le fosse per l’alloggiamento della vite). Alcuni frammenti riferibili alla decorazione del tetto lasciano intuire che il tempio fosse ornato con lastre di terracotta a bassorilievo policrome che coprivano la travatura lignea, secondo la consuetudine dell’architettura templare etrusca. Legno e travertino furono i materiali utilizzati per la costruzione.
Sia per le dimensioni, davvero ragguardevoli, sia per l’aspetto metrologico (il piede attico), che per la tipologia architettonica “alla greca” (che rivela una precisa scelta culturale della città), il tempio di Tinia trova i suoi paralleli più vicini nelle principali città dell’Etruria meridionale, dimostrando il pieno inserimento di Marzabotto nei più vitali circuiti di collegamento che attraversavano l’intera Etruria.
Risale invece agli scavi 2014-2015 la scoperta di un nuovo tempio tuscanico dedicato a Uni (Hera per i Greci e Giunone per i Romani) che cambia ancora il volto della città: lo scavo del nuovo tempio ha consentito di recuperare anche alcune iscrizioni etrusche legate alla sfera del sacro e della politica.

Commercio
Oltre alla produzione locale si ritiene che Kainua fosse un’importante città commerciale posta in un punto strategico lungo la via di transito che collegava l’Etruria padana con l’Etruria tirrenica, le popolazioni d’oltralpe (via terra) e il mondo greco (attraverso il fiume Reno, che all’epoca si immetteva in un ramo terminale del fiume Po chiamato Spinete sfociante nel mare Adriatico). Ne sarebbero testimonianza i numerosi esempi di ceramica greca (in primo luogo di tipo calcidese e attica), rinvenuti durante gli scavi e l’ampia gamma di oggetti in bronzo di produzione tirrenica. Tali commerci sarebbero iniziati fin dalla prima fase di fondazione della città: il VI secolo a.C. La ceramica greca sarebbe giunta direttamente dagli empori del porto di Adria e successivamente da Spina durante la prima fase di sviluppo, mentre nella fase successiva attraverso Felsina e includeva oggetti sia di uso quotidiano (anfore contenenti vino e olio – spesso a loro volta esportati oltralpe – brocche, crateri ed altro), ma anche da toletta – come le pissidi – per riporvi profumi, gioielli e altri oggetti personali femminili, oltre a ceramiche destinate alla sepoltura. Altro elemento che veniva importato dalla Grecia era il marmo, sia allo stato grezzo che lavorato, ed era destinato per lo più a statue, bacili e cippi funerari.
Dall’Etruria tirrenica si importavano invece oggetti in metallo, per lo più vasellame destinato all’uso quotidiano, ma anche specchi e candelabri, mentre da oltralpe i celti fornivano manodopera in termini di schiavi e forza lavoro in generale, qualche uomo armato e soprattutto stagno e ambra. Per contro, gli Etruschi avrebbero commerciato principalmente grano e carne da allevamento (soprattutto pollame e suini).

INFO
Sito web del Museo Archeologico di Kainua
CREDITI
Foto di copertina: Tomba a cassa della necropoli est – Francesco Lazzarin