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Nella puntata di oggi, andremo in Trentino.
Conosceremo il borgo di Bondone sul lago di Idro insieme alla simpaticissima Nicole Bertanzetti, che in veste di guida turistica ci ha accompagnato per le strade del suo amato borgo raccontandocene la storia.
Bondone è un comune italiano di 640 abitanti della provincia di Trento. Il comune fa parte del circuito dei borghi più belli d’Italia.
Il paese di Bondone è collocato su un pianoro a mezza montagna a 720 m s.l.m. ed è il comune più meridionale della Valle del Chiese, nell’estremo lembo sud-occidentale del Trentino. È composto da due frazioni: il paese di Bondone e il paese di Baitoni nella piana alle foci del fiume Chiese abitato dalla metà del XIX secolo dopo la bonifica.
Il nome Bondone deriva dalla parola in dialetto trentino Bondù, che significa “luogo dove ci si rifugia di notte dal pericolo” o “paese fortificato”.
La storia di Bondone è fortemente legata alla storia del vicino comune di Storo e a quella dei conti Lodron. Sebbene la denominazione “Bondone” compaia soltanto a partire dal 1301, si ritiene che questa comunità abbia radici ben più profonde.
Il documento più antico sulla zona a nord del lago d’Idro è dell’anno 1000 e contiene l’invito ai padri benedettini di san Pietro in Monte, presso Brescia, a fondare un monastero. Il successivo insediamento dei monaci sulla sponda di San Giacomo, con la conseguente bonifica delle paludi del Pian d’Oneda, potrebbe essere il primo nucleo del paese. In un documento del 1086, nell’indicare i confini dei terreni in affitto di un signore di Anfo si nomina un castrum de summo lacu (un castello alla sommità del lago d’Idro), che porta a pensare che esistesse già un insediamento stabile nella zona di Bondone.
Secondo alcune fonti, fu il castello di San Giovanni di Bondone quello che venne affidato in feudo il 24 agosto del 1189 dal vescovo di Trento Corrado II di Beseno a tredici uomini “de Setauro” (Storo), i quali rappresentavano le sette famiglie che avevano giurato di aiutarsi vicendevolmente per l’ottenimento dei beni appartenuti a Calapino di Lodrone il precedente 4 giugno nella chiesa di San Floriano di Storo.
La prima menzione ufficiale di Bondone si trova in un documento del 27 dicembre 1301, in cui gli abitanti di Bondone rivendicavano alcuni diritti sui pascoli e i boschi dell’Alpo appartenenti agli abitanti del villaggio vicino di Storo. Il 5 ottobre 1367 uno dei conti Lodron ridistribuisce i territori del monte Alpo, ma nel luglio del 1396 un altro conflitto porterà, il 20 ottobre 1399, all’attuale determinazione dei confini dei due villaggi.
Bondone viene citata nuovamente in altri due documenti, rispettivamente del 16 aprile 1312 e del 15 febbraio 1321, per quanto riguarda il versamento di una decima o la cessione di un feudo appartenente agli abitanti di Bondone nei confronti del vicino villaggio di Condino.
Un’altra rivendicazione territoriale degli abitanti di Storo e di Bondone riguardava il possesso dell’ampia zona compresa tra la località di Lorina e il monte Alpo, che comprendeva anche tutto il bacino del Rio Torto, appartenente al monastero di Santa Giulia di Brescia. La disputa cessò in seguito a un atto con il quale il monastero donava quei boschi e pascoli ai cittadini di Bondone e Storo. Il territorio controverso forma oggi il Comune Catastale di Bondone Storo (detto catasto da Siora), nel territorio amministrativo del Comune di Bondone e composto da quattro particelle fondiarie di cui due di proprietà del Comune di Storo e due del Comune di Bondone.
In un atto del 1312 del notaio Deladio di Bono risulta che a Bondone vivessero almeno 26 fuochi o famiglie, quindi circa 130 abitanti. I primi statuti della comunità di Bondone sono datati 5 marzo 1401, furono messi su pergamena dal notaio Giovanni fu Pietro di Condino e determinati in Castel Romano da alcuni delegati del paese alla presenza di Pietro Lodron, proprietario del castello e definito sovrano generale degli uomini, delle persone e della comunità di Bondone.
In una pergamena del 21 aprile 1420 si parla di alcuni uomini di Bondone che compaiono a Levido (Pieve di Bono) dinanzi al notaio per nominare un loro sindaco procuratore incaricato con altri per una supplica al principe vescovo di Trento per una decima. Il 1º dicembre 1434 un certo Paolo fu Bonardo di Bondone, abitante allora nella villa di Zucca, riceve in dono da Paride Lodron il paese e il territorio di Darzo per i servizi prestati ai conti nelle guerre del precedente quinquennio.
L’insediamento di Bondone viene menzionato numerose altre volte nel corso del XV secolo: il 2 luglio 1446 nella piazza comune di Bondone l’assemblea di regola aggiorna lo statuto alla presenza di un notaio, in un atto del 26 giugno 1462 si parla di una via Camarella che corre sotto Bondone, un atto del 12 ottobre 1472 riprende l’accordo del 1399 per i monti Calva e Tignone, mentre un documento del 18 aprile 1498 menziona come nella casa di Francesco, Bernardino e Paride Lodron si riuniscano 25 capifamiglia di Bondone per decidere di vendere dei beni ai propri vicini per ottenere il denario necessario a pagare un dazio proprio ai conti Lodron.
Bondone fu per secoli un paese abitato esclusivamente da carbonai, che per otto mesi all’anno erano costretti a spargersi lungo il trentino e il bresciano a produrre il carbone, lasciando in quel periodo il villaggio quasi deserto. Il mestiere del carbonaio e l’utilizzo delle cosiddette Pojat è così importante per questa comunità che viene menzionato anche nell’articolo 1 dello statuto comunale, ai commi 9 e 10.
In ossequio alla volontà accentratrice del fascismo con il regio decreto del 1º marzo 1928 n. 540 i comuni di Darzo, Lodrone e Bondone vennero aggregati a quello di Storo. Con la legge regionale del 24 agosto 1953, n. 10 viene ricostituito il comune di Bondone con la circoscrizione territoriale preesistente.
Durante il ventennio fascista ai comuni pervenivano dal Prefetto disposizioni di dedicare nomi di vie anche a eroi e simboli del fascismo oltre a quelli del Risorgimento. Il Podestà del comune di Storo con la determina n. 144 del 14 settembre 1939 adeguandosi denominava a Bondone e Baitoni vie dedicate a Giuseppe Verdi, Giuseppe Giusti, Tito Minniti, Tullio Baroni (alpino morto durante la guerra civile spagnola), Aldo Sette (squadrista morto prima della marcia su Roma), Giovanni Prati e ai fratelli Bronzetti.
Abbiamo proseguito poi sulla traccia della puntata rimanendo in Trentino parlandovi della Polenta di Storo.
Come scrivono sul portale di Visit Trentino:
Nell’immaginario comune, la polenta ha sempre avuto un posto d’onore tra i piatti serviti nelle baite legnose o nei rifugi di montagna, cucinata sul focolare, nel paiolo di rame, mescolata (trisada, menada, girada, …) con il mestolo in legno e servita sul tagliere in centro tavola.
Da tempo però i ristoranti gourmet del Trentino, e i nostri chef stellati, l’hanno accolta nel loro menù, celebrandone le proprietà, fra cui il pregio di essere altamente digeribile. Un’attenzione particolare è volta alla qualità delle materie prime, tra cui spicca la farina gialla di Storo, l’oro del Trentino.
La Farina Gialla di Storo è una farina facilmente riconoscibile dal colore: i chicchi delle pannocchie da cui deriva contengono sfumature rosse ben distinguibili. E la storia di questa farina è antica: si dice che il granturco sia arrivato in Trentino nel secolo XVII.
La sua coltivazione si diffuse lentamente in montagna andando a sostituire altri tipi di cereali. È nel 1921, con la costruzione del primo mulino cittadino, che la Farina Gialla di Storo inizia ad acquisire il suo valore.
Proprio in quegli anni, la pannocchia con la quale viene prodotta la farina inizia ad essere valorizzata e riconosciuta come prodotto distintivo del territorio della Valle del Chiese. Alla fine degli anni ’80 i produttori decisero di riunirsi in un consorzio per la tutela e la valorizzazione del Mais Nostrano di Storo.
Nella Valle del Chiese si coltiva il “Marano”, detto anche “il Nostrano di Storo”, particolare varietà di mais dal quale si ricava la Farina Gialla di Storo, ingrediente principe per la nostra autentica polenta di montagna. Il colore rosso dei chicchi, la forma allungata delle pannocchie e la granella lucida come il vetro, sono le caratteristiche principali, così come la spiga, corta e sottile.
Le pannocchie vengono raccolte alle prime brume d’ottobre e vengono lasciate ad asciugare dai secchi venti di montagna. Successivamente vengono macinate senza fretta, per conservare il più possibile intatti i principi nutritivi e le fragranze.
Agri’90 è una Cooperativa di agricoltori della parte sud-occidentale del Trentino nata nel 1991. Si dedica alla produzione del Mais Nostrano di Storo e quindi alla produzione della Farina Gialla di Storo, e alla raccolta e conservazione di molti altri prodotti di montagna.
Sono molteplici le ricette che si possono cucinare con questa polvere dorata e molteplici gli utilizzi nelle nostre cucine, ma tra le più saporite troviamo la Polenta Carbonera, dal gusto intenso e indimenticabile.
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