Puntata 257 – Egea Haffner e l’Esodo Giuliano Dalmata | L’Ecomuseo Egea di Fertilia (SS)

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02:52La storia di Egea Haffner, a bambina con la valigia dell’esodo giuliano dalmata15:59L’Ecomuseo Egea di Fertilia (SS)

Nella puntata di oggi, andremo a toccare con mano un periodo storico italiano molto importante ma anche tragico, l’esodo giuliano dalmata conosciuto anche come esodo istriano.

Si tratta di un evento storico consistito nell’emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di nazionalità e di lingua italiana dalla Venezia Giulia (comprendente il Friuli Orientale, l’Istria e il Quarnaro) e dalla Dalmazia, nonché di un consistente numero di cittadini italiani (o che lo erano stati fino poco prima) di nazionalità mista, slovena e croata, che si verificò a partire dalla fine della seconda guerra mondiale (1945) e nel decennio successivo. Si stima che i giuliani (in particolare istriani e fiumani) e i dalmati italiani che emigrarono dalle loro terre di origine ammontino a un numero compreso tra le 250.000 e le 350.000 persone.

Il fenomeno, seguente agli eccidi noti come massacri delle foibe, coinvolse in generale tutti coloro che diffidavano del nuovo governo jugoslavo comunista di Josip Broz Tito e fu particolarmente rilevante in Istria e nel Quarnaro, dove si svuotarono dei propri abitanti interi villaggi e cittadine. Nell’esilio furono coinvolti tutti i territori ceduti dall’Italia alla Jugoslavia con il trattato di Parigi e anche la Dalmazia, dove vivevano i dalmati italiani. I massacri delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata sono ricordati dal Giorno del ricordo, solennità civile nazionale italiana celebrata il 10 febbraio di ogni anno.

La nave Toscana durante l’abbandono di Pola (1947)

Ricorderemo quei fatti assieme a due ospiti di eccellenza, la prima, Egea Haffner è divenuta l’icona dell’esodo giuliano dalmata, grazie all’esposizione della sua foto – di “bambina con la valigia”, rimasta a quattro anni e mezzo senza il padre scomparso nelle foibe – nella prima importante mostra italiana, dedicata alla tragedia dei crimini e dell’esilio forzato vissuta dagli italiani dalla Venezia Giulia.

Egea diventa icona dell’esodo giuliano dalmata grazie ad una fotografia che lo zio, poco prima di lasciare la Città, fa scattare al fotografo di fiducia Giacomo Szentivànyi, che tante volte aveva fermato i momenti felici della famiglia Haffner. Nella fotografia la piccola Egea tiene in mano un ombrellino ed una valigia su cui compare un cartello che recita “ESULE GIULIANA 30.001. Lo zio infatti voleva dire che tutti i 30.000 italiani che vivevano a Pola avrebbero lasciato la Città, premonizione che si avverò con circa 29.000 italiani che fuggirono in pochissimi anni.

La signora Haffner oggi – Fonte: https://www.alguer.it

La fotografia emerge dal cassetto dei ricordi nel 1997, quando viene scelta per il manifesto ufficiale della mostra “Istria – i volti dell’esodo 1945 – 1956”.

Da quel momento in poi Egea rappresenta tutti gli esuli sparsi per il mondo che hanno pagato un prezzo altissimo senza aver commesso nessuna colpa, se non quella di essere nata in una terra di confine, in un periodo sbagliato.

Nella storia della famiglia di Egea Haffner troviamo quindi condensate le caratteristiche salienti della diaspora giuliano-dalmata: un viaggio esistenziale drammatico, attraverso un tunnel in fondo al quale, però, le persone sopravvissute hanno ritrovato la speranza. Una speranza non caduta dall’alto, ma guadagnata con grande impegno: con la capacità di adattamento a condizioni di vita durissime e la volontà d’integrazione in contesti sociali ostili, senza mai cedere, nonostante i lutti subiti e le manifestazioni di intolleranza da parte di tanti compatrioti, alla tentazione della violenza.

Egea Haffner però è soprattutto una donna, una madre ed una nonna con una vita propria che è stata anch’essa una storia di nuova luce e di grande dignità.

L’esempio di Egea è quindi un forte e positivo messaggio, di riscatto e integrazione, da consegnare alle nuove generazioni: senza mai dimenticare il passato, anche dalle situazioni più difficili è possibile ricrearsi una vita sociale e individuale serena.
E questo vuole essere anche il messaggio che intendiamo comunicare ai visitatori e agli utenti dell’ecomuseo che porterà il suo nome.

Foto di ISO IMAGE – www.isoimage.it

Il secondo ospite sarà il Direttore dell’Ecomuseo Egea di Fertilia (SS) Mauro Manca.

L’Ecomuseo Egea è un’occasione unica per riscoprire e valorizzare una storia ricca di valori ed estremamente attuale. Un modo per TENERE ACCESA UNA LUCE SULLA MEMORIA di una comunità tanto inclusiva quanto eterogenea, composta da donne e uomini, di diverse provenienze, che insieme sono stati capaci di ricostruire una vita in libertà, seppur lontani dalla loro terra natia. Una storia che è il frutto di tante storie, diverse tra loro, che hanno realizzato un auspicio, quello della Fertilità di una nuova vita.

L’Ecomuseo Egea è un museo in-divenire. Un progetto in perenne evoluzione che, partendo da un Padiglione museale denominato “Ex Officine” si estende quindi alla “Città di Fondazione di Fertilia” ed alla sua variegata comunità, composta da donne e uomini giunte negli anni da luoghi diversi.

Infatti oltre ai Sardi si sono ritrovati in questo luogo in tempi e per motivi diversi i coloni del Veneto e dell’Emilia Romagna, gli Esuli di Istria, Fiume e Dalmazia, che hanno completato la costruzione della Città di Fondazione abbandonata fin dalla fine del 1941 a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale, i rimpatriati delle colonie italiane della Libia, dell’Eritrea, dell’Etiopia, della Corsica, dell’Isola di Rodi e della Romania, oltre a tante altre famiglie giunte qua per lavorare all’Aeroporto Militare.

Una comunità tanto eterogenea quanto inclusiva che ha visto nella componente giuliano-dalmata il suo nucleo di maggiore importanza, dal punto di vista numerico e di conseguenza culturale e sociale.

Egea Haffner con Mauro Manca Direttore dell’Ecomuseo Egea

Il Padiglione OFFICINE racconta quindi questa storia ed accompagna il visitatore in un percorso nel tempo, attraverso il quale comprendere la complessità e la ricchezza di questa comunità e della sua storia.

Il Museo Egea intende aprirsi al mondo per tentare di RIUNIRE I FILI SPEZZATI DALLA STORIA. La volontà è infatti quella di rappresentare un punto di riferimento per gli esuli giuliano dalmati sparsi in tutti i 5 continenti del pianeta e per tutti coloro che nella loro vita, pre qualsiasi causa ed ovunque nel mondo, hanno dovuto lasciare la loro terra natia per approdare in un luogo lontano in cui ricostruire da zero una nuova vita.

In questo senso Egea rappresenta questo viaggio, che gran parte degli esuli hanno affrontato per mare. Un mare che li ha condotti verso la libertà e che ha consentito loro di raggiungere mete lontane e talvolta sconosciute. Un mare che diventa un “ponte” tra i popoli, un elemento che unisce e che è rimasto sempre nel cuore di queste donne e di questi uomini.

Un mare nel quale ogni sera, a Fertilia come in Istria, il sole concludeva il suo viaggio quotidiano, regalando emozioni forti a questo popolo, che in quel tramonto vedeva la sua casa abbandonata e riviveva la sua infanzia felice.

Proprio questa piccola imbarcazione da pesca, tipica delle acque calme del “Canal de Lemme” in Istria, rappresenta questo popolo di persone semplici costrette dalla storia a diventare eroi. Donne e uomini che, a causa del destino, sono stati costretti a trovare, dentro se stessi, la forza e la determinazione necessaria a sopravvivere ed a proteggere i propri figli, permettendo loro di vivere una vita felice ed in libertà.

Foto di ISO IMAGE – www.isoimage.it

Questa piccola barca, appartenuta ad Armando Barison, che fuggì durante la notte attraversando il mare Adriatico a remi per portare in salvo la moglie Graziella ed i figli Domina e Lino, dimostra che ognuno di noi, nella vita, può essere capace di imprese eccezionali, anche senza volerlo. Armando, attraverso il mare, ha trovato la libertà, al duro prezzo di un enorme sacrificio che rappresenta il sacrificio di tutti coloro che hanno scritto pagine di storia sconosciute, che noi vi vogliamo raccontare.

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